giovedì 21 maggio 2015

Biodiversità fa rima con ricchezza

Tra le parole più usate in ambito agricolo troviamo certamente “biodiversità”. Un termine sempre più spudoratamente usato perché impatta nel nostro inconscio come qualcosa di bello e utile anche se in fin dei conti molti non ne comprendono il significato.

Partiamo quindi ad analizzare il nome. Bio (da bios cioè “vita”, “forma vivente”) e Diversità (cioè tutto ciò che non è standardizzato).

In natura tutto ciò che è uguale, clonato, identico è estremamente debole. La stessa evoluzione ha creato (e continua a farlo) esseri viventi differenti. 
Non c'è vivente uguale all'altro neppure nella stessa specie e varietà.
Geneticamente parlando tutti gli esseri viventi sono differenti.

Il grande vantaggio di questa strategia di sviluppo è quello di creare individui tutti differenti e che quindi rispondono agli stimo ambientali in maniera differente. In conclusione essere biodiversi vuol dire sapersi adattare all'ambiente, resistere ad attacchi esterni, selezionare una nuova progenie. In una parola vuol dire evolversi.

Dopo aver toccato l'argomento (per dir la verità lo abbiamo leggermente sfiorato!) dal punto di vista macroscopico, torniamo con i piedi dentro l'orto.

Può anche un piccolo orto essere biodiverso?

Non solo può ma è auspicabile che lo sia sempre. Avere tante tipologie di ortaggi anche della stessa specie garantisce una maggior salubrità delle piante stesse, una capacità di adattamento maggiore e la conservabilità di una ricchezza genetica che altrimenti potrebbe andare perduta per sempre.


Secoli e millenni di selezione genetica umana ha reso possibile la creazione di migliaia di varietà differenti di frutta e verdura che talvolta differiscono da una valle all'altra, da una zona all'altra. Un patrimonio che sino agli inizi del 1900 era ancora ben radicato in Italia.
Purtroppo questa variabilità genetica non fu vista di buon occhio dagli operatori del settore agricolo e dal consumatore stesso il quale, con il passare di pochi decenni soltanto, divenne estremamente ignorante in materia e cominciò a pretendere dal mercato solo ed unicamente poche e conosciute varietà a scapito delle tante precedentemente piantate.
Un esempio su tutti è il caso delle mele. Nella sola piccola Italia, secondo alcune stime (sottostimate dal mio punto di vista) vi erano sino a prima delle Guerre Mondiali oltre 50 varietà di mela coltivata da nord a sud, isole comprese. Oggi la stragrande maggioranza di produzione delle mele si concentra solo in Trentino e qualcosa in alta Lombardia e si basa sulla coltivazione di 5 o 6 varietà al massimo cioè un decimo circa del patrimonio genetico inerente alla melicoltura. Gli altri 9/10 di patrimonio genetico è a rischio o, peggio, si è perso per sempre.
Questo perchè siamo sempre più propensi a riconoscere i frutti per l'aspetto estetico e non per le potenzialità intriseche (facciamo lo stesso con individui della nostra stessa specie). 
La mela, a seconda dei gusti, la scegliamo “gialla”, “verde” o “rossa” e l'industria ha quindi scelto 3 varietà produttive eliminando tutte le altre considerate inutili.


Lo stesso discorso vale per peperoni, pomodori, melanzane, patate, fagioli, piselli, cereali e chi più ne ha più ne metta.
Ci sono fagioli screziati e bronzati della Val Sesia che restano nelle mani di pochi e anziani produttori, peperoni tipici di alcune zone completamente dimenticati e solo ultimamente riqualificati (peperone di Voghera, di Carmagnola, di Senise, ecc...) ma che hanno rischiato di scomparire.
Si potrebbero riempire pagine di esempi e forse non basterebbe una vita ad elencare tutte le antiche varietà coltivate da nord a sud di questa nostra fantastica penisola.

Ogni luogo in Italia era ricordato per il paesaggio e per i prodotti alimentari tipici derivanti dalla straordinaria ricchezza di biodiversità.
Con il nostro piccolo orto domestico possiamo certamente fare molto al fine di salvaguardare queste varietà particolari e che meritano di essere protette. Basta infatti fare una breve ricerca in internet o tra i gruppi Facebook per trovare persone appassionate che scambiano (quasi sempre a gratis!), piantano e raccolgono semi di varietà tipiche, antiche e rare.

...e allora la domanda sorge spontanea...

Perché non decidere di piantare tante varietà biodiverse nel nostro piccolo o grande spazio?
Potremmo raccogliere ortaggi buoni da molti punti di vista.


lunedì 18 maggio 2015

I terribili 5!

Siamo a metà maggio e le verdure crescono rigogliose negli orti. In questo periodo si vedono crescere da un giorno con l'altro in una frenetica corsa verso il nostro piatto.

Nonostante ciò non sempre tutto fila per il verso giusto e “nemici” naturali sono in agguato.

Ho deciso di raccogliere i 5 antagonisti più comuni degli orti in modo semplice e puntuale in modo che ognuno di noi sia in grado di riconoscere sintomi, cause e possibili soluzioni.

Gli afidi:

A questi insetti abbiamo dedicato un post poco tempo fa in cui si descrivevano, si elencavano i sintomi e si ponevano possibili soluzioni sempre nel rispetto ambientale in ottica “bio”. Se ve lo siete perso potete ritrovarlo qua: Afidi, questi comuni sconosciuti.

Adulto di afide verde

I maggiolini:

Adulto di maggiolino

Larva di maggiolino

Comunissimi insetti coleotteri di colore arancione/rame molto ben riconoscibili. Gli adulti si involano a giugno (nonostante il nome “maggiolino”). Gli adulti che vediamo svolazzare nei campi e prati in realtà non sono così dannosi come le larve.
Molto ben riconoscibili di color bianco crema con capo di color arancione vivo e corpo tozzo.
Amano le radici a fittone tipiche delle insalate. Le rosicchiano sino al colletto.
Il risultato è quello di vedere piantine appena trapiantate morire di colpo (in poche ore!).
Ci si accorge del danno quando è troppo tardi.
Non usando metodi chimici le uniche due soluzioni sono di carattere preventivo.
La prima è usare un telo pacciamante per impedire all'adulto di deporre le uova. In questo modo l'anno successivo avremo meno larve nel terreno.
La seconda è quella di controllare durante la vangatura se vi sono nel terreno le larve.

Danno da larva di maggiolino su cipolla

La peronospora:


Mentre i primi due nemici sono insetti questa è una malattia fungina piuttosto pericolosa e infettiva. Le peronospore in realtà sono tante e ognuna adattata a una o poche specie vegetali. Attaccano tipicamente le solanacee (pomodori e patate in primis).
La possibile cura, anche in questo caso, è preventiva. Una volta penetrato all'interno, il fungo è inattaccabile.
Si può usare del verderame o della poltiglia bordolese in copertura. Questi prodotti sono utilizzabili anche in agricoltura biologica. Solitamente si presentano in polvere da miscelare in acqua e poi spruzzare sulle piante. Il trattamento va effettuato quando le temperature medie giornaliere sono superiori ai 13°C prima della fioritura e poi ripetuto ogni qual volta vi siano temporali o piogge violente capaci di dilavare il prodotto.

Sintomi su foglia di pomodoro

L'oidio:

Anche l'oidio è un fungo e si mostra in tutto il suo “spendore” con una tipica muffa bianca polverosa sui lembi fogliari. Anche di oidi ce ne sono molti e sono specializzati su più piante. Dalle zucche e zucchine ai pomodori alle melanzane.
L'oidio si combatte come la peronospora in prevenzione spruzzando zolfo bagnabile (anche questo ammesso in agricoltura biologica).
Sia l'oidio che la peronospora (essendo funghi) amano il clima caldo e umido. Se si verificano queste condizioni il nostro orto è a rischio.
Per tale ragione non bisogna mai bagnare le foglie dei nostri ortaggi ma dare l'acqua alla base onde evitare di creare il clima ideale proprio sulla foglia scatenando quindi l'infezione.

Oidio su melone

Le lumache e le limacce:

Le limacce hanno colori che variano dall'arancione al marrone/grigio

Questi molluschi terrestri li conosciamo tutti. La differenza tra lumache (chiocciole) e le limacce è lampante: le prime hanno il guscio, le seconde no; entrambe sono grandi divoratrici di vegetali.
Triturano grandi superfici fogliari in breve tempo tramite la particolare bocca dotata di radula, un organo simile ad una lingua dentata capace di grattare e strappare parti di foglie.

Questi molluschi sono in grado di sentire ciò che a loro piace, come le tenere foglie di insalata o delle piantine di zucca e zucchine da molto distante e muovendosi (tipicamente di notte o in presenza di molta umidità come dopo la pioggia) lentamente ma inesorabilmente arrivano nel nostro orto in massa.
Si possono combattere in diversi modi tra cui l'allontanamento fisico prendendole e gettandole il più lontano possibile (sconsiglio di lanciarle dentro l'orto del vicino nemico onde evitare guerre!).
È possibile riempire dei bicchieri di birra e interrarli sino all'orlo: le lumache ci finiranno dentro morendo. Sarà quindi necessario cambiare birra e bicchieri ogni volta che saranno pieni.
Altri due metodi utilizzati e che necessitano di essere elencati sono l'utilizzo di cenere e di gusci di mollusco (vongole o cosse) sbriciolati.
Nel primo caso la cenere risulta essere una sostanza caustica e repellente per le lumache (ma modifica anche il pH del terreno!) bene quindi non esagerare e limitarsi a circondare semplicemente l'orto.
I gusci sminuzzati invece impediscono l'accesso alle lumache poiché questo materiale è piuttosto duro, appuntito e tagliente. Data la quantità necessaria risulta essere un metodo da usare su piccole superfici o singole piante.

Danno da lumache su foglia di coste

Questi sono i 5 nemici più comuni dell'orto, quelli che troviamo in quasi tutti i giardini sparsi in tutt'Italia ma oltre a questi ve ne è un altro che non possiamo combattere e controllare in alcun modo: il tempo atmosferico.
Temporali, bufere, grandine, gelate tardive. Quando il tempo ci si mette sa essere molto crudele.
In ogni caso è sempre meglio prenderla con filosofia. Il tempo dà, il tempo prende. È così ed è bene farci l'abitudine prima di iniziare a zappare.