lunedì 30 marzo 2015

Finalmente ci siamo!

Il nuovo sito di terraXchange sta per aprire e la tensione mista a soddisfazione cresce in modo esponenziale.
Il primo sito di terraXchange è stato aperto il 1° Novembre 2013 quasi per scherzo e non avendo la minima idea di ciò che sarebbe accaduto da lì a breve.
Il grande interesse che ha suscitato l'idea ha reso indispensabile la realizzazione di un sito completamente nuovo molto più affidabile e usufruibile. Abbiamo puntato sulla semplicità cercando di costruire pochi e semplici passaggi per arrivare allo scopo.
1200 accessi unici e 54000 visualizzazioni al mese oltre al gruppo su Facebook che conta circa 650 amici sostenitori hanno reso necessario (e possibile) questa evoluzione.

Bando alle ciance... Ecco a voi, in anteprima assoluta, la nuova homepage di terraXchange. (click sull'immagine per ingrandire a tutto schermo)


 Tutto è stato racchiuso nella home in modo da avere tutto ciò che serve sotto mano. 


Il nostro logo, sempre presente, servirà per tornare in home ovunque voi siate.
Tutte le informazioni, le recensioni e i contatti sono raggruppati nella barra insieme al collegamento a questo nostro blog.
In alto a destra ci sono le icone che portano alle nostre pagine social (Google+, Twitter, Facebook e Pinterest), immancabili e fondamentali poiché sono gli strumenti con i quali dialogare con tutti voi. La riga dei social è completata dall'icona del profilo; luogo in cui iscriversi a terraXchange, loggarsi, modificare il profilo, inserire annunci e modificarli.

Tra tutte le nuove caratteristiche del sito, quella che mi piace in assoluto di più è la grande mappa centrale. Su questo grande spazio potete vedere gli annunci che qualcuno ha già inserito, aprirli e, da registrati, contattare il proprietario in un click. Più facile di così!
Tutte le mappe presenti in terraXchange hanno la funzionalità StreetView di Google che permette di osservare i terreni (se la zona lo permette) da livello strada.

Una delle grandi novità del nuovo terraXchange è quello di permettere la creazione di 3 differenti annunci:
  • Offro terreno: per i proprietari che decidono di cercare un orticoltore.
  • Gruppi: gruppi e/o associazioni orticole già operanti sul territorio possono farsi conoscere attraverso terraXchange e inserire un annuncio per cercare aiuto per ampliare le proprie produzioni e attività.
  • Segnala terreno: per inserire un terreno di cui non si è proprietari ma segnalare lo stato di abbandono di un terreno, fare gruppo su quel terreno ed evidenziare lo stato di abbandono all'ente preposto o al proprietario stesso. Questo segnalino è un segnalino “prova” che potrà/dovrà essere la modalità con cui far fronte comune contro l'abbandono di suolo.

I differenti segnalini potranno essere oscurati o resi visibili tramite i filtri presenti sopra la grande mappa in home.

Il nuovo terraXchange permette una navigazione facile, sicura e immediata. Con pochi passaggi ci si può registrare, inserire un annuncio, contattare un inserzionista, leggere il nostro blog e le nostre pagine, contattarci e altro ancora.
Ogni arrivo rappresenta una nuova partenza e questa non è altro che una tappa del percorso. Dal giorno successivo al lancio si comincerà a lavorare per ampliare terraXchange e arricchirlo di nuove funzionalità e servizi diffondendo il nostro credo sempre di più. 
Raggiungere nuovi terreni oggi nascosti e abbandonati sarà più facile.

giovedì 26 marzo 2015

Tutto in una gemma

Come spesso accade in primavera, il tempo instabile la fa da padrone. Così, impotenti, abbiamo atteso pazientemente ed è ormai da un paio di settimane che non riusciamo ad entrare nel frutteto di terraXchange.
Oggi sono passato davanti, ero di passaggio, e non ho potuto far a meno di entrare a dare un'occhiata nonostante il tempo non sia ancora dei migliori.

Finalmente ci siamo! Nonostante tutto anche quest'anno pare che la primavera sia alle porte. Solo un mesetto fa i rami nudi e intricati di piante dimenticate lì per anni giacevano immobili e immutati. Le gemme si confondevano con il marrone del tronco e il grigio del cielo invernale.
Ora è comparso un nuovo colore sui rami delle piante che stiamo potando e curando, il verde.


Sono convinto che il verde sia il colore della speranza proprio perché è il colore del risveglio dal torpore invernale.


In frutteto cominciano a comparire boccioli, fiori, foglie e piccoli germogli. Un risveglio collettivo silenzioso ma di grande effetto e bellezza.


Tutte questi organi della pianta riposavano dentro una piccola gemma, in alcuni casi, quasi insignificanti ed ora sono pronti per nascere, crescere e svilupparsi.


Questa è un po' la metafora anche della filosofia di terraXchange. In fin dei conti anche i terreni che vengono pubblicati sul nostro sito sono, sino a questo momento, dimenticati e ritenuti senza valore (insignificanti appunto) eppure anche per loro può esistere una nuova primavera ricca in fiori e frutti.


Due mani, pochi attrezzi e tanta volontà possono realmente aiutare questi spazi a rifiorire e una prova concreta di ciò è proprio il nostro frutteto.


Con poche cure, nel rispetto dei cicli vegetativi e della conformazione della pianta, si possono ottenere grandi risultati.
Sensazioni, soddisfazioni, colori, profumi e sapori... Tutto in una gemma.


martedì 17 marzo 2015

La complessità del fusto

Le piante sono esseri viventi e come tali possiedono la medesima organizzazione cellulare di ogni altro vivente.  
Cellule che si uniscono in tessuti che si uniscono in organi e apparati che, insieme, formano l'individuo o organismo.

Anche le piante dunque sono composte da cellule vegetali (differenti da quelle animali) di differenti tipologie che si uniscono a dare un tessuto che insieme formano un organo.

Oggi vi parliamo del fusto della pianta. In gergo si definisce “tronco” solo quando è stato “troncato” ad una certa altezza spingendo la formazione di rami laterali. In ogni caso questi sono solo tecnicismi inutili.

Albero da frutta troncato per dare una forma d'allevamento consona.
Fusti di abete bianco.

Il fusto è quello che i botanici più filosofici definiscono il collegamento tra cielo e terra ed è una definizione che può comunque essere utilizzata per l'intera pianta. In effetti questo apparato ha differenti funzioni, tra cui quello di sostegno, anche se quello più ricordato è certamente la capacità di trasportare acqua e sali (linfa grezza) dalle radici alle foglie e di riportare indietro una soluzione zuccherina (linfa elaborata).
La cosa incredibile è che questo sistema è in grado di trasportare acqua anche a centinaia di metri d'altezza (pensiamo alle sequoie) contro la legge di gravità e senza l'utilizzo di muscoli o altri tessuti meccanici e attivi.
Già questo dovrebbe farvi capire la straordinaria capacità di questi esseri viventi che muovono litri di acqua in giro per il proprio corpo contro ogni legge fisica (o così sembra).


Come è possibile spostare in alto litri (chili) di acqua e sali senza una pompa (un cuore) e dei canali ricoperti da fasci muscolari (arterie e vene)?

È possibile tramite delicati giochi di equilibrio e sfruttando proprietà tipiche dell'acqua.
Tutto si basa su adesione, coesione e concentrazione.
L'adesione è la capacità delle molecole d'acqua di aderire alle pareti dei vasi linfatici e di risalire per capillarità lungo il tronco.
La coesione è la proprietà per cui le varie molecole d'acqua restano unite strettamente tra loro. Questo spiega il perché le gocce d'acqua hanno una forma tondeggiante e tridimensionale. Se l'acqua non avesse questa capacità, le molecole sarebbero schiacciate dalla gravità sulla superficie e non sarebbe possibile la formazione di gocce. Una molecola tira l'altra.
Queste due prime proprietà però non sono nulla rispetto alla capacità dell'ultima.
L'acqua pura tende a pareggiare le concentrazioni di altre sostanze (principalmente sali) e per far ciò si sposta in modo da diluire tale differente concentrazione.
L'acqua si sposta da un luogo in cui vi è una bassa concentrazione verso una zona in cui vi è una alta concentrazione di sali e zuccheri (luoghi come foglie e gemme per esempio).

Ora capite perché è fondamentale in potatura tagliare appena al di sopra dell'ultima gemma che si vuole tenere. Quest'ultima gemma rende possibile il risucchio dell'acqua che, altrimenti, non sarebbe possibile creando zone disidratate che la pianta non può far altro che far morire e abbandonare.

Come certamente qualcuno di voi avrà notato durante la propria pratica di orticoltore/giardiniere, quando si taglia un ramo con un bel diametro, si nota che il legno non è omogeneo.  

Alta variabilità all'interno del tronco.

La prima cosa che si nota è che non è tutto “legno” ma, partendo dall'esterno, vi è una corteccia (a sua volta stratificata e di differenti forme e colori in base alla pianta) sotto la quale c'è uno strato sottile fibroso che in alcune essenze si sfoglia facilmente. Questo strato si chiama libro o floema ed è il tessuto preposto a trasportare la linfa elaborata dalle foglie verso le radici e verso tutte le cellule vegetali. Passa quasi inosservato in alcune essenze ma è di fondamentale importanza poiché porta il cibo prodotto dalle foglie in tutto il corpo.

Schema esemplificativo.

Più all'interno c'è un sottilissimo strato di giovani cellule che come unico compito hanno quello di dividersi all'infinito. È il meristema del fusto o cambio, il sistema con il quale la pianta aumenta il proprio diametro. Verso l'esterno queste cellule diverranno nuovo floema, verso l'interno si trasformeranno nel tessuto più evidente dell'intera sezione: il legno.

Il legno o xilema è quel fascio di vasi capaci di portare acqua e sali alle foglie per essere utilizzati nel processo di fotosintesi e nel metabolismo vegetale.
È il tessuto che occupa maggior spazio nella sezione anche se in realtà non tutto viene usato come canale di trasporto. Solo la parte più esterna (chiamata alburno per via del tipico colore più chiaro) ha tale funzione.
Man mano che la pianta si inspessisce, i vasi più interni vengono abbandonati e riempiti di sostanze dure e rigide (tra le quali la lignina). I vasi così riempiti fungeranno da sistema osseo per l'intera pianta. Questa zona che, solitamente ha un colore più scuro, è chiamata durame.

Si capisce che, gran parte della sezione di un tronco è composta da cellule morte.
Per questo è consigliabile di tagliare rami giovani, di rispettare la parte corticale (l'unica in cui sono presenti cellule vitali), di lasciare appena sotto il taglio gemme o giovani rami in grado di portare linfa e di rivitalizzare la ferita in modo da poterla cicatrizzare più velocemente.

All'interno del tronco c'è un mondo molto delicato, particolare, stupendo che noi oggi abbiamo, in modo piuttosto elementare, presentato.
Pensateci quando, strumenti da taglio alla mano, potrete osservare nell'intimo la sezione in tutta la sua semplice e straordinaria complessità.

martedì 10 marzo 2015

Ci vuole pratica!

Nel percorso che stiamo seguendo per sviluppare e promuovere terraXchange ho conosciuto e ci hanno scritto tante persone entusiaste dell'idea e degli obiettivi che vogliamo portar avanti. Tanti gli appassionati orticoltori in cerca di un terreno (che speriamo di poter trovar loro) e svariati proprietari di terreno sparsi sul territorio già disponibili a prestare il loro lembo di terra.

Nonostante ciò, è inutile negare, che si sono avvicinati a terraXchange anche molti scettici. Giustamente vi sono persone che difficilmente si fanno prendere dall'entusiasmo di fare e ci hanno posto (e continueranno a porre) sempre nuovi quesiti e paventare numerosi potenziali problemi.

Qualche tempo fa (forse un paio di mesi, se ben ricordo) all'indirizzo dilatua@terraxchange.it è comparsa una mail di una persona che, nonostante appoggiasse l'idea, era convinta che non potesse prendere piede perché mantenere un terreno è cosa seria, faticosa, difficile e non sempre può dare i risultati sperati. Oltre a ciò ci sono sempre problemi con i proprietari e burocrazie varie insuperabili. La frase che però mi ha colpito in prima persona sosteneva che nonostante l'idea fosse buona noi di terraXchange non potevamo capire le reali problematiche poiché dirigiamo il tutto solo online protetti dietro a uno schermo.

Ora, chi mi conosce personalmente sa che io non sono una persona che si muove nel campo teorico e filosofico del settore ma uno che se c'è da coltivare sta in prima linea armato di zappa.
Tutto sommato però, questo nostro sostenitore ha ragione.
Ci siamo forse staccati dalla realtà dei fatti? Dai problemi concreti dovuti a riprendere e ripulire un terreno? Dai possibili ostacoli reali che i nostri utenti possono avere?

Ecco che, come mio solito, quando qualcuno mi punzecchia su tematiche a me sensibili, devo poter rispondere concretamente e con i fatti.
Come quella trasmissione in cui i capi delle aziende divengono operai per un po' di giorni, io sono divenuto utente del mio stesso sito alla ricerca di un terreno abbandonato da coltivare.
L'obiettivo era quello di verificare in prima persona questi potenziali problemi dal punto di vista dell'utente.

Quasi per caso, una decina di giorni dopo a questa mail, mi contatta una signora che, tramite passaparola, è venuta a conoscenza di terraXchange. Mi avvisa che avrebbe a sua disposizione tre terreni adibiti a frutteto ormai abbandonati da alcuni anni. Questi lotti si trovano ad una ventina di chilometri da casa mia, sulla sponda del Lago Maggiore.
Ecco l'occasione che aspettavo!

Se ben ricordo era un mercoledì; il sabato ero già là a prendere visione dei terreni.
Un terreno mi ha colpito in particolare. 
Si tratta di una striscia recintata di 2500mq circa con piccolo casotto in pietra e decine di piante da frutto e altre piante ornamentali. Una selva da ripulire con olio di gomito. Forse il peggiore dei tre per quanto riguarda l'esposizione e la posizione ma certo quel casotto, l'attacco all'acqua e tutte quelle piante da curare mi hanno da subito attirato.

Nel frattempo mi aveva contattato un ragazzo della zona che cercava un pezzo di terra per coltivare un orto sinergico in una bella posizione. Alla fine ha preso il migliore dei tre terreni. 600mq circa terrazzati in posizione dominate con una grandiosa vista sul lago e con una magnifica esposizione a sud. Vi basti sapere che pur essendo nel profondo nord d'Italia, su quei muri nascono spontanei gli agavi e non avrebbero certo problema a crescere anche gli agrumi.

Tornando al mio terreno.
In due settimane ho coinvolto un mio amico a prendere in gestione questo spazio, ho firmato un contratto di comodato d'uso gratuito per dieci anni e da due settimane a questa parte, il fine settimana, lo dedichiamo a ripulire questo terreno che rischiava concretamente l'abbandono e il disastro.

Per convincere tutti voi, cari lettori e assidui seguaci, ho deciso di raccontare tramite immagini, video e post che seguiranno, come si presenta un terreno abbandonato e come può realmente divenire.

Disse Confucio:
«Se ascolto dimentico,
se vedo ricordo,
se faccio capisco.»

L'esempio e la pratica sono gli elementi che servono ad interiorizzare l'esperienza e a farla propria per sempre.

Vi presento quindi il frutteto di terraXchange e allego questa foto satellitare (Google Earth) che mostra il prima, quando il terreno era ancora mantenuto, e il dopo (stato attuale).
Si noti che già attraverso immagini satellitari si può notare la differenza tra un suolo ben gestito e uno in stato di abbandono. Il differente colore dell'erba e le forme delle piante sono il primo indice che segnala il degrado.


Aperto il cancelletto ecco come si presentava il frutteto. Si noti la casa gialla che si intravvede a malapena dietro le fronde intricate delle piante.


Ecco come si presenta, dalla medesima posizione, dopo soli due pomeriggi di lavoro.


Questa è un'altra scena che ci si è presentata davanti. Molte piante morte, crollate, secche in piedi. Tra cui un grosso fico squarciato e collassato in terra, un pergolato di kiwi schiacciato dal peso stesso della pianta, piante di meli, peri, susine marce. Morte a causa dell'incuria.


Dopo un veloce taglio del prato con trattorino e decespugliatori, siamo partiti con le potature. Stiamo parlando di una quarantina di piante da potare!
Questa è la quantità e dimensione dei rami di una sola pianta di melo lasciata crescere libera per tre anni. Moltiplicando per quaranta piante vi lasciamo immaginare cosa sta saltando fuori.


È faticoso? Sì!
È complesso? Sì!

Ne vale la pena? Assolutamente sì e, questa diretta dal frutteto vuole dimostrare a tutti, anche al nostro amico scettico, che «Si... Può... Fareeeee!» come direbbe il nostro caro amico dr. Frankenstin Jr.

Vi racconterò l'evoluzione di questo terreno passo a passo.

mercoledì 4 marzo 2015

Una mattinata differente

Questa non è stata una mattina come le altre.
Dopo una serie di contatti e racconti sulle attività svolte, mi sono recato in una comunità che salva persone dal baratro delle dipendenze (di qualsiasi tipo) in cui l'attività primaria di recupero è la coltivazione di orti e frutteti situati vicino alla casa d'accoglienza.
Ciò che ho visto con i miei occhi mi è piaciuto parecchio.

Frutta, serre e orti a perdita d'occhio
Può la semplice attività pratica/ludica/educativa orticola salvare delle vite in pericolo?
Non solo può ma aiuta concretamente il malato (possiamo proprio chiamarlo così) a sprigionare energie positive e voglia di cambiamento.

Una delle serre adibite a vivaio bio
L'attività primaria della mattinata è stata la preparazione delle prose per le coltivazioni che si andranno ad effettuare.
Obiettivo dell'attività è occupare gli ospiti della comunità ad una mansione che sia attiva, appagante e che mostri i risultati. 
Tutte le piante, le sementi e i fertilizzanti usati sono marchiati come “bio”. Qui la chimica non entra in alcun modo perché per riqualificare la vita di queste persone bisogna necessariamente puntare sulla naturalità delle cose.

La strategia di coltivazione è quella classica di una prima fresatura non profonda, una preparazione con rastrelli per tirare in piano i livelli, una concimazione di superficie con stallatico naturale e una pacciamatura con teli in materiale compostabile e biodegradabile.
Naturalmente le coltivazioni ruotano di anno in anno in modo da non stancare la terra che si ritrova ad accogliere sempre nuove radici e ortaggi.

Sistemazione telo pacciamante
La cosa che però mi è piaciuta di più di questa attività sociale è la consapevolezza che questo mega orto non è un passatempo ma un vero e proprio lavoro.
Qui si lavora per produrre, si lavora per vendere.
Dal mio punto di vista questo serve, in primis, agli ospiti stessi. Sono proprio loro che capiscono che un'altra vita è possibile e che stanno faticando per qualcosa di concreto che è in grado di dar frutti veri, belli e sani.

Nuovo spazio fresato pronto per nuove prose
Sicuramente ci sarà sempre più spazio in terraXchange per raccontare e collaborare con queste realtà già presenti sul territorio e che fanno dell'orto un mezzo con cui salvare vite umane che si sono smarrite.

Mi sento di fare a loro e a tutti quelli che ogni giorno combattono questa guerra a colpi di zappa un grosso e sentito augurio e di consigliare a tutti voi di avvicinarvi a queste associazioni e gruppi. Uno scambio di idee e aiuti che vi cambieranno la giornata in meglio.
Un orto vi salverà!

lunedì 2 marzo 2015

La dura vita di un seme

Tutti sanno cos'è un seme. 
Un seme è vita, è una struttura estremamente concentrata che racchiude al suo interno tutto il materiale necessario alla nascita di una nuova pianta.
Estremamente semplice, estremamente complesso.

Il seme è il risultato della fecondazione e dato che questo fenomeno è forse il più importante di tutto il mondo vivente, capiamo bene che quando li stiamo maneggiando con una certa leggerezza in realtà abbiamo in mano un grandissimo potere: quello di dare la vita.

Molte piante sacrificano tutta la loro vita al fine di produrre i semi e le orticole ne sono un classico esempio.
Sappiamo che molte di queste piante sono annuali. In natura, il loro unico anno di vita si conclude quasi sempre con la produzione di fiori e semi. Una volta concluso il processo la pianta madre può morire, la vita è passata nel seme e da questa nuova residenza invernale potrà rinascere in primavera.

Anche alcuni animali concludono la propria vita dopo la riproduzione (si veda il ciclo di vita dei salmoni) ma nel regno vegetale questo fenomeno è ancora più spinto.

Nel seme la pianta madre ripone il proprio futuro, le proprie speranze. Per contro il seme nasce già con grandi aspettative sulle proprie spalle (chissà se è in grado di percepire ansia da prestazione?). Nonostante ciò questa strategia si è dimostrata vincente tanto che le piante, conquistatrici della Terra ben prima di noi, e tutt'oggi detentrici della maggior quantità di biomassa del pianeta. Il 95% del peso di tutti gli esseri viventi presenti sulla Terra è rappresentato dal peso dei vegetali, il 5% dagli altri viventi di cui solo lo 0,5% dalla specie umana.
Una colonizzazione tanto capillare e massiccia dell'intero pianeta è stata possibile solo grazie alla capacità di adattamento ma anche alla grande strategia di racchiudere le nuove piantine in resistenti semi facili da diffondere.
In alcuni casi alcune piante producono semi in grado di volare sospinte dal vento o addirittura catapultati attivamente dalla pianta madre il più lontano possibile in modo da coprire e colonizzare nuovi spazi (si veda il comportamento del cocomero asinino!).


Ora molti si chiederanno cosa centra tutto questo discorso con terraXchange, gli orti, il paesaggio e le altre tematiche a noi care ebbene noi, in qualità di orticoltori appassionati, abbiamo un grande dovere: raccogliere, conservare e ripiantare i semi delle nostre orticole non sprecando questa concentrazione di “vita biodiversa”.

Come possiamo svolgere questo importante ruolo in modo da non comprometterne la buona riuscita? Domanda lecita.
Spesso si sottovaluta questo aspetto raccogliendo semi in modo discutibile e conservandoli un po' così, come capita in luoghi di fortuna.


Partiamo quindi dal primo principio. 
Il seme va raccolto quando è maturo!
Non è una cosa scontata poiché, ahimè, i semi possono in molti casi maturare non simultaneamente rispetto al frutto. Ciò significa che quando noi raccogliamo i frutti già commestibili per la nostra alimentazione questi potrebbero racchiudere semi immaturi. Nell'orto il classico esempio è il fagiolino che viene raccolto per i nostri usi culinari ancora acerbo e contenete semi non ancora sviluppati. Vi sono anche altri esempi come la melanzana. Siamo abituati a raccoglierla piuttosto novella in quanto più morbida e con una polpa meno asciutta (cartonata) ma i semi contenuti in questi frutti non sono certo utilizzabili per la propagazione.


Il secondo principio è che il seme percepisce le stagioni.
Ebbene sì, i semi sono vivi (anche se non sembra) e chiusi nel loro letargo percepiscono comunque moltissimi fattori esterni (incredibile rendersi conto che i semi possono vedere e sentire). Tutti i semi percepiscono e monitorano costantemente temperatura, luminosità, fotoperiodo (rapporto giorno/notte), umidità. Ogni specie resta in uno stato dormiente sino a quando non si sono verificati tutta una serie di eventi che inducano il seme stesso a germogliare. Molti semi, per esempio, non germogliano se prima non hanno annotato un periodo di freddo piuttosto intenso e continuativo che induce il seme a convincersi di aver passato l'inverno. Il fabbisogno di freddo (è chiamato proprio così) è fondamentale per molte specie differenti. Tenere i semi al caldo costante (20°C) di una casa non è mai buona abitudine.
È buona norma conservare i semi in vasetti di vetro in luogo protetto, asciutto, al riparo dalla luce solare diretta ma non nella più costante oscurità. In questo modo il seme non perde il conto dei giorni (il seme ha un calendario? Ebbene sì).


Il terzo principio riguarda la necessità di rispetto del tempo. Qualcuno diceva che la frase tipica del contadino è “tempo al tempo”.
Non dobbiamo aver fretta di far germinare i semi in periodi differenti dal quale sono abituati. Spesso, in questo periodo, girovagando in vari gruppi Facebook riguardanti l'orticoltura, alcuni utenti postano immagini di semi germogliati e di nuove piantine molto esili e lunghe. Questo è il sintomo che si è seminato troppo presto. Le piantine sono nate comunque ma non trovando la luce e la lunghezza del giorno adeguata stanno disperatamente “filando”. Si stanno allungando nella disperata ricerca di luce che non troveranno poiché il periodo solare non è coretto. Queste piante periranno nell'arco di pochi giorni o settimane. Le poche che si salveranno saranno comunque destinate a rimanere deboli per tutta la vita poiché hanno bruciato troppa energia nei primi giorni di vita.


Il quarto principio fondamentale è la consapevolezza che siamo noi ad aver bisogno dei semi e non sono i semi ad aver bisogno di noi.
Troppo spesso vedo persone che curano i semi come se fossero balie. Ci sono alcuni che fanno pre-germinare i semi sui substrati più differenti. Dal cotone alle fibre di cocco, dalla gommapiuma a contenitori pieni d'acqua.
Diciamo subito che, per la maggior parte delle varietà coltivate, tutto ciò è inutile e, in alcuni casi, persino dannoso. La prima radichetta che si forma da un seme è una struttura complessa e molto delicata. Se, per esempio, facciamo germinare un seme su uno strato di cotone umido potrebbe capitare che la radichetta nasca correttamente e che (data la sua natura di radice) inizi da subito a scavare all'interno del cotone. A quel punto siamo fregati poiché il rischio di danneggiarla durante il trapianto raggiunge quasi la certezza matematica.
Lo stesso può valere per le germinazioni in acqua. La radichetta che si trova immersa in un liquido si adatta da subito a questo ambiente “facile” e, nel momento in cui la costringiamo a crescere nel terreno (un substrato totalmente differente, meno umido e più duro) le provochiamo uno stress immenso. 


Salvo rari casi in cui il seme per germinare deve subire specifici trattamenti, il consiglio che do è quello di far germinare il seme in un terreno molto simile (se non lo stesso) rispetto a quello in cui andrà a vivere l'intera pianta futura.
Come diceva il grande Fukuoka, maestro dell'agricoltura sinergica e della permacoltura: “Il miglior metodo per coltivare e non fare niente, la natura è nata prima di noi e sa già lei cosa fare. Noi dobbiamo solo aiutarla e assecondarla in modo che non trovi ostacoli.”
Lui addirittura seminava direttamente in campo aperto tramite le famigerate “bombe di semi”, piccole palline di fango in cui erano stati immersi i semi che si volevano seminare.


Insomma, quel che voglio dire in questo post è che noi esseri umani non dobbiamo pretendere di costringere strutture così complesse e raffinate come i semi a seguire le nostre decisioni e scelte. 
I semi si sono evoluti per milioni di anni secondo un processo di maturazione, dormienza e germinazione del tutto particolare e tipico. Un ciclo che dobbiamo inevitabilmente riconoscere e rispettare, proteggere e capire.
Solo così potremo avere i risultati sperati nel rispetto di cicli naturali ben più grandi di noi.